1010De’ mantici il soffiar fin che passato
Nè sia l’Argóo naviglio. Ad Eolo poi,
Eolo che a’ venti aeronati impera,
Vanne e gli esponi il mio voler, che tutti
Tenga i venti nell’aere sospesi, 1015Nè forte soffio il mar rabbuffi: il fiato
Sol di Zeffiro spiri in fin che giunti
Sien d’Alcinoo que’ prodi al suol Feace.
Si spiccò dall’Olimpo immantinente
Iride a quel comando, e fendè l’aere, 1020Le lievi ali scotendo, e giù s’immerse
Nell’Egeo mar, dove ha Neréo sue case.
Trovò Tetide in prima, e le fe’ conta
Di Giunon l’ambasciata, e d’irne a lei
Sollecitolla. Indi a Vulcan venuta, 1025Agevolmente di posar l’indusse
Le ferree mazze, e i mantici affumati
Si trattenner dal soffio. Eolo d’Ippote
Inclito figlio ritrovò per terzo;
E mentr’ella esponendo il suo messaggio 1030Dal precorso cammin prendea riposo,
Ecco Teti che in mar Nereo lasciando,
E le sorelle sue, poggia all’Olimpo,
E a Giunon si appresenta. A sè dappresso
Questa l’asside, e così a lei favella: 1035Or m’ascolta, alma Teti, odi che bramo
Di ragionar con te. Sai quanto in pregio
È nell’animo mio l’eroe Giasone
E i compagni a’ cimenti, e com’io salvi