Che Argòo per nome tuttavia s’appella.
Di là tosto partiti, e a lor cammino
L’onde solcando, le Tirrene spiagge 870Vider d’Ausonia, e poi che al porto illustre
Giunsero d’Ea, gittâr dal legno a terra
I canapi a legarlo, e Circe al lido
Trovâr, che il capo era a lavarsi intesa
Con le spume del mar, tutta, com’era, 875Esterrefatta da notturno sogno.
Di sua casa le stanze e della chiostra
Le pareti di sangue esser cosperse
Le parvero, e una fiamma divorarle
Tutti i farmachi suoi, con che trasmuta 880Ogni ospite che viene; ed ella poi,
In man togliendo di quel vivo sangue,
Spense la rossa vampa, e dal funesto
Terror quetossi; indi ridesta al primo
Albor nelle marine acque le chiome 885E le vesti tergea. Torma di fiere,
Non somiglianti alle feroci fiere,
Nè a forme d’uom, ma di commiste insieme
Diverse membra, la venian seguendo,
Come dietro al pastor dal pecorile 890Ne va un branco d’agnelli. Erano tali
Que’ corpi un dì, che del primiero loto
Varie membra accozzando in varie forme
La terra producea, dall’aere secco
Non assodata ancor, nè da’ cocenti 895Strali del Sol de’ troppi umori emunta;