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222 | argonautica. |
E foschi intraveder credean nell’aere
I monti Acrocerauni allor che Giuno
Degli avversi disegni e dell’acerba
Contro a lor si fu accorta ira di Giove.
760Sollecita la dea che a salvo fine
Giunga il lor navigare, una tempesta
Suscitò contro, onde rapiti addietro
Dell’Eléttridi ad una isola incolta
Ritornavano; ed ecco, ecco fra loro
765Tutt’improvviso con umana voce
Alto la trave favellò, che fatta
D’un faggio Dodonèo, Pallade inserta
Della nave alla chiglia avea nel mezzo.1
Forte un terror tutti li prese udendo
770Quella voce, e di Giove annunzïarsi
Il grave sdegno; perocchè lor disse
Che nè di mar lunghissimi viaggi,
Nè tremende procelle eviteranno,
Se della cruda occisïon d’Absirto
775Non li ha Circe espiati; indi a Polluce
E a Castore imponeva i sommi numi
Pregar che ad essi dell’Ausonio mare
Apran la via che a ritrovar li guidi
La di Perse e del Sol Circe figliuola.
780Argo su ’l presso del mattin sì disse.
I Tindáridi in piè sorsero, e a’ numi,
Protendendo le mani, orâr devoti
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Var. ai v. 767-768. D’un faggio Dodonéo, Pallade in mezzo
Della nave alla chiglia inserto avea.