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libro iv. 219

     L’Argo e i Minii cercando, e il Cronio mare.
     Ma dall’etra Giunon con lampi e folgori
     Li atterrì dall’impresa, e poi che l’ira
     Tremavano del fiero offeso Eeta,
     675Di ritornarne alla Sitèide terra
     Ebber ribrezzo, e stabil sede altrove
     Chi qua, chi là fermâro; ed altri a quelle
     Venner isole stesse, ove afferrato
     Aveano i Minii, e le abitâro, il nome
     680Pur pigliando d’Absirto; altri del cupo
     Nero Illirico fiume in su le sponde,
     Ov’è di Cadmo e d’Armonia la tomba,
     Eressero una ròcca, all’Encheléa
     Gente confini; altri ne’ monti han sede,
     685Che di Cerauni ebbero nome, quando
     Di là cacciârli i fulmini di Giove,
     Sì che all’isola opposta han vòlto il corso.
Poi che franco agli eroi d’ogni periglio
     Parve il ritorno, a risolcar quel mare
     690Diêrsi fin che il naviglio ebber legato
     Nel terren degli Illei, che le aggruppate
     Isole molte assai fra loro il passo
     Fan difficile quivi a’ naviganti.1
     Non più ad essi gl’Illéi nudrian, qual prima,
     695Infesti sensi; anzi la via con essi
     Disegnâr del ritorno, in dono un grande
     Ricevendone tripode d’Apollo;

  1. Var. ai v. 692-693. Isole molte il tragittar fra loro

    Malagevole fanno a’ naviganti.