Pagina:Apollonio Rodio - Gli Argonauti, Le Monnier, 1873.djvu/243


libro iv. 217

     Volse a dietro, e ne’ veli si nascose
     Per non veder l’uccisïon del suo
     615Proprio fratello. E a lui Giason, siccome
     Ammazzator di buoi fa con gran tauro
     Alticornuto, avvisando suo colpo,
     Calò a forza un fendente, al tempio innanzi
     Che i Brigi abitator del lido opposto
     620A Dïana inalzâr: nel pròneo quivi
     Su le ginocchia il misero cascò;
     Indi, spirando, con ambe le mani
     Dalla ferita raccogliendo il sangue,
     A lei, che rifuggia, fece le candide
     625Bende del capo rosseggiarne e il peplo;
     E con acuto obliquo occhio l’enorme
     Fatto guatò la prepotente Erinne.
     Troncò quindi Giason le parti estreme
     Delle membra all’ucciso, e la ferita
     630Tre volte ne lambì, tre dalla bocca
     Il sangue ne sputò, siccome è rito
     Ad espiar le proditorie stragi;
     E il cadavere poi sotto la terra
     Nascose là dove tuttor quell’ossa
     635Fra le Absirtidi genti hanno riposo.
Tosto che i Minii sfolgorar da lunge
     Vider la face, che inalzò Medea,
     Convenuto segnal, spinser lor nave
     Presso quella de’ Colchi, e tale han fatta
     640Strage di lor, qual gli sparvieri fanno
     D’uno stuol di colombe, o qual d’un gregge