Quelle, ond’io già non decorosamente,
Anzi con impudente ardir fuggii 470La mia patria, la mia splendida casa,
I miei stessi parenti, ogni più cara
Mia cosa in somma? E via lontano e sola
Portata per lo mar vo con le meste
Alcïoni, per te, per te che salvo 475Da’ tori e da’ Giganti, io de’ cimenti
Vincitor feci; e l’aureo Vello in fine,
Onde questo passaggio impreso avete,
Per mio mal senno il ricevesti. Ah! ch’io
Sovra le donne una grand’onta ho sparsa. 480Però figlia, sorella e moglie tua,
Fermo ho in Grecia seguirti; e tu mi sii
Protettor generoso, e non lasciarmi
Sola, senza di te, de’ giudicanti
La sentenza chiedendo. Ah no! tu stesso 485Fammi difesa, e fermo il dritto sia,
Ferma la legge che giurammo entrambo;
O tu qui tosto trafiggi col brando
Questa mia gola, a fin che degno io m’abbia
Premio così di mia demenza insana. 490Misera! se alla man del fratel mio
Quel giudice m’addice, in cui riposto
L’arbitrio avete di quel patto iniquo,
Come al cospetto io ne verrò del padre?
Molto orrevole in vero! E qual mai pena, 495Qual soffrir non dovrò duro governo
Per le audaci opre mie? Ma nè ritorno