Tutti acclamâr di quella via doversi
Tener la traccia, perocchè vêr quella
Un lungo solco di celeste luce 385Nell’aere si traea. Lieti per tanto,
Di Lico il figlio ivi lasciando, e il guardo
Pur rivolgendo a’ Paflagonii monti,
Correano il mar con dispiegate vele;
Nè Carambi appressâr, chè l’aure e il raggio 390Del celeste splendor furon lor guida
Fin che giunser del grande Istro alle foci.
De’ Colchi intanto altri, cercando indarno
Raggiungere i fuggenti, in fra le rupi
Cïanée tragittando, uscian dal Ponto; 395Altri, su’ quali avea comando Absirto,
Entrâr su per lo fiume in quella foce
Che Bella è detta, e precedendo i Minii,
Corser per quello infino al seno estremo
Del mare Jonio. Ove suo sbocco ha l’Istro, 400Ivi un’isola sta (Pence è nomata)
Triangolar, che verso il Ponto estende
Lunga la base, e si converge acuta
Contra il corso del fiume, ond’esso in due
Quivi si parte, ed ha nel mar due foci; 405Di cui l’una è Nareco, e l’altra al basso Bella foce è nomata; e via per questa
Corser più ratto con Absirto i Colchi,1
E dell’isola i Minii infino al sommo
Navigaron per l’altra. Armenti e greggie
↑Var. al v. 407. Corse più ratto co’ suoi Colchi Absirto,