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202 argnautica.

     Volvonsi sempre in vorticosi giri;
     Così quel mostro in infinite rote
     Iva torcendo e ritorcendo il corpo
     Scabro d’orride squame. Innanzi ad esso
     190Stette Medea: con sua voce soave
     Fausto invocò, sommo de’ numi, il Sonno
     A sopir quella belva, e la d’Averno
     Possente dea nottivagante implora
     A dar buon fine alla comincia impresa.
     195Presso è Giason, non senza tema. Il mostro
     Già rammollito a quelle dolci note,
     Dalle attorte sciogliea spire la lunga
     Spina del dorso, e su ’l terreno in molti
     Si spianava gran cerchii, a par d’oscuro
     200Fiotto che sovra abbonazzato mare
     Sordamente fremendo si distende.
     Ma il terribile capo alto levando,
     Agognava il crudele ambo far pasto
     Di sue fiere mascelle. Ed ella un ramo1
     205Di ginepro allor còlto in medicati
     Sughi intingendo, e magiche parole
     Cantando, gli occhi a quel ne spruzza. Il grave
     Di quel farmaco odor diffuso intorno
     Gl’infonde il sonno; ivi dov’era, al suolo
     210Posò obliqua la guancia, e lunge addietro
     Si stendea per la selva attorcigliato
     L’immane corpo. Allor Giasone, al cenno

  1. Var. ai v. 203-204. Agognava il crudel d’arabo far pasto

    Con sue fiere mascelle. Ed ella un ramo