Pagina:Apollonio Rodio - Gli Argonauti, Le Monnier, 1873.djvu/227


libro iv. 201

     Frisso d’Eolo figliuolo, ostia immolando
     Quel monton portentoso aurilanuto,
     Siccome a lui benevolo venendo
     160Mercurio impose. Ivi gli eroi lasciâro,
     D’Argo al consiglio obbedïenti, i due,
     Che per dritto sentier vennero al bosco,
     Il gran faggio cercando, a cui da un ramo
     L’aurea pelle pendea, simile a nube
     165Che s’invermiglia a’ fiammeggianti raggi
     Del Sol nascente. Incontro a lor protese
     Il lunghissimo collo il fiero drago
     Che co’ vigili sempre occhi da lunge
     Venir li vide; e mise orrendi sibili,
     170Sì che del fiume n’echeggîar le sponde
     Quanto son lunghe, e quella selva immensa;
     E l’udirono quei che di là molto
     Dalla Titani d’Ea stanziano in fondo
     Della Colchica terra appo le foci
     175Del Lieo fiume, che dal letto uscendo
     Del fragoroso Arasse entro del Fasi
     Porta le sacre sue correnti, ed ambo
     Sboccano insieme nel Caucasio mare:
     Si svegliâr spaurite le novelle
     180Madri, e affannose stesero le mani
     Su i pargoletti che al lor sen raccolti
     Dormiéno, e scossi al fiero suon trabalzano.
     E come allor che da una selva ardente
     Erompono di fumo ignei volumi,
     185E dal basso nell’alto, e l’un nell’altro