Tolse i tori, e a fuggir per la campagna
Li cacciò spaventati; ed ei veggendo
Di terrigeni ancora i solchi vuoti,
Fe’ ritorno alla nave. I suoi compagni 1755Il rinfrancan co’ detti: alle correnti
Ei del fiume attingendo entro l’elmetto,
Spense la sete, e gli agili ginocchi
A riposo piegò; ma la grand’anima
Rinfocolava di guerresco ardore, 1760Simigliante a cinghial che arrota i denti
Incontro a’ cacciatori, e d’ira caldo
Molla schiuma dal grifo a terra sparge.
Ma già pullulan su per ogni parte
Di quel campo i giganti, ed al rilampo 1765De’ metallici scudi e delle acute
Aste ferrate e de’ lucenti elmetti
Brillava orribilmente la campagna
Del mortifero Marte, e dalla terra
All’alto Olimpo ne salìa per l’aere 1770Sfavillante splendore. E qual se dopo
Molta neve fioccata insù ’l terreno
Aure serene nella notte oscura
Spazzan via l’atre nubi, una infinita
Moltitudin di stelle appar nel cielo 1775Sfolgoreggianti, uscian così dal suolo
Quelle turbe lucenti. Allor Giasone
Dell’accorta Medea gli utili avvisi
Arricordossi, e diè di piglio a un grande,
Che su ’l campo giacea, ritondo sasso,