1635Un’intrepida, invitta, oltre ogni dire
Gagliarda possa, e turgide le braccia
Gli si fêr di vigore. E qual bramoso
Della battaglia il marzïal destriero
Scalpita, il suol zappa nitrendo, e rizza 1640Orgoglioso gli orecchi, e il collo inalbera,
Tal l’Esónide anch’ei nella fortezza
Esultò di sua membra, ed alto il passo
Qua e là slanciava, il bronzeo scudo e l’asta
In man squassando, e lo diresti un fulmine 1645Che nell’aer tenebroso e tempestoso
Ad or ad or lampeggia in fra le nubi
Che d’indi a poco d’una negra pioggia
Giù riversano un nembo. Allor più indugio
Non frapposero i Minii: entro la nave 1650Collocaronsi tutti in ordinanza,
E remigando a tutta voga, al campo
Si spinsero di Marte. Era quel campo
Dinanzi e presso alla città di tanto,
Quanto lungi la mèta è dalle mosse 1655Nell’arringo de’ cocchi, allor che a fanti
E cavalieri è delle corse inditto
Per morto sire un funeral certame.
Trovâr quivi ed Eeta e delle Colche
Genti gran turba, insù Caucasei scogli 1660Stanti queste a prospetto, e il re su ’l margo
Sinuoso del fiume. Ebbero appena
Amarrato il naviglio i Minii eroi,
Ratto Giason d’asta e di scudo armato