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libro iii. 185

     La terribile diva, e di sotterra
     Dagl’imi penetrali al sagrificio
     Dell’Esònide venne. Orridi serpi
     1580Fra vermene di quercia attorcigliati
     Le cingeano la fronte: lampeggiava
     D’un gran chiaror di faci, e torma intorno
     D’inferni cani le venìan latrando
     Con acuto ululato. Tremò tutto
     1585All’incesso di lei l’irriguo campo,
     E un grido alzâr le fluvïali Ninfe,
     Che s’aggiran per quella umida landa
     Dell’Amarantio Fasi. Anco terrore
     Prese Giason, ma il piè via via portollo
     1590Senza che addietro a riguardar si volga;
     Finchè giunse a’ compagni. E già sorgendo
     In su ’l nevoso Caucaso spargea
     Il nuovo albor la mattutina Aurora.
Eeta allora intorno al petto induce
     1595Una salda lorica, onde a lui Marte
     Fêa don poi ch’ebbe con le proprie mani
     Morto il Flegrèo Mimante; un aureo in testa
     Irto di quattro coni elmo si pose,
     Sfolgoreggiante come appar del Sole
     1600Il tondo disco allor che fuor si leva
     Dall’Oceàno; indi uno scudo imbraccia
     Di molti cuoi conserto, e vibra un’asta
     Ponderosa così che sostenerla
     Nullo varrebbe di que’ Greci eroi,
     1605Dacchè Alcide n’è lungi, il sol che a fronte