Scendea sotto alla terra ottenebrata,
Là oltre i monti d’Etiopia estremi, 1550E la Notte i cavalli al cocchio aggioga.
Allor presso alle amarre i letti loro
Stesero i Minii; ma dell’Orsa appena
S’inclinò il lucid’astro e il cielo e l’aere
Tacque in alta quïete, ad un solingo 1555Loco Giason, come notturno ladro,
Furtivamente s’avviò con tutto
Che gli fa d’uopo, e che nel dì s’avea
Già procacciato: un’agnelletta e latte,
Cui da un ovile Argo ebbe tratto; il resto 1560Dalla nave ei ne tolse. E poi che vide
Fuor della pesta della via comune
Un tranquillo recesso in mezzo a prati
Che di chiare acque irrigansi, da pria
Là, com’è rito, si lavò nel sacro 1565Fiume il nobile corpo; un bruno ammanto
Poi si vestì, di che gli fêa già dono
Issipile di Lenno in ricordanza
D’amor malventuroso. Indi, scavata
Cupa e larga d’un cubito una fossa, 1570V’alzò dentro di legna una catasta;
Scannò l’agnella, e la vi stese sopra;
Poi, posto sotto a quelle schegge il foco,
Ne fe’ sorger la fiamma, e su v’effuse
Le miste libagioni, a’ suoi cimenti 1575Adiutrice invocando Ecate Brimo.
Fatto il priego, partissi. Udì quel priego