1265Scossi sono dall’impeto del vento,
Fan gran murmure insieme: e sì que’ due
Tacean, parati a favellar gran cose
Allo spirar d’Amore. In quale ambascia
Caduta ell’era per voler divino, 1270Giason conobbe, e con soavi accenti
Così a molcer la prese: E perchè mai,1
O vergine, di me tanto hai timore,
Che son qui solo? Io non son già com’altri
Gonfi di fasto insultator, nè tale 1275Io fui giammai nella mia patria terra.
Di me quindi, o donzella, un pauroso
Rispetto il domandar non t’impedisca2
Ciò che intender t’è caro, o il dir tu stessa
Il tuo pensiero. E poi ch’entrambo amici 1280L’uno all’altro venimmo in loco sacro,
Ov’è più reo qualsiasi inganno, aperto
Parla e domanda; e con bei detti indarno
Non lusingarmi, perocchè promesso
Alla tua suora hai già di farmi dono 1285Di lenïenti farmachi. Ti prego
Or per Ecate stessa e per li tuoi
Genitori e per Giove, il qual sua mano
Su gli stranieri e supplici protende;
Chè supplice e straniero a un tempo stesso 1290Io vengo a te. Necessità mi sforza