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libro iii. 173

Così disse l’accorto, e gli altri due
     Gliene diêr lode. Altro pensier frattanto,
     Fuor che di lui, non volge in cuor Medea,
     Benchè d’altro pur canti; e qual canzone
     1240Mutando va, niuna già più le piace.
     Poi cessò come attonita, nè gli occhi
     Tenea mai fermi tra le sue compagne,
     Ma la faccia inclinando, obliquamente
     Spingea lontan su per la via lo sguardo;
     1245E il cuor le si fendea, se stropiccio
     Pareale udir di piedi, o se di vento
     Passava un soffio. E quei però non molto
     Stette che innanzi all’ansïosa apparve
     Surto su, come fuor dell’Oceàno
     1250Sirio s’estolle, di beltà, di luce
     Sfolgorante a veder, ma di gran danno
     Portatore agli armenti; e tal Giasone
     Mostrossi a lei d’alta bellezza adorno,
     Ma gran travaglio anco eccitolle. Il cuore
     1255Le svenne in petto; una caligin buja
     Le oscurò gli occhi; le infiammò le gote
     Caldo rossor, nè innanzi più, nè retro
     Potea dar passo, chè de’ piè le piante
     S’irrigidîro. Eransi tutte intanto
     1260Quinci le ancelle allontanate; ed essi
     Taciti, muti, a fronte l’un dell’altro
     Stetter, simili a querce o ad alti abeti
     Che radice nel monte han messa appresso,
     Immoti ad äer queto, e quando poi