Nè i farmachi a lui dar, ma inoperosa
Sostener la sua sorte. Indi s’asside 1010In gran dubbii ondeggiando, e sì favella:
Trista me! d’ogni parte in guai mi trovo:
È la mia mente attonita; non evvi
Rimedio alcuno a questo mal; più sempre
Forte divampa. Oh da’ volanti strali 1015D’Artemide foss’io stata trafitta
Pria di vederlo, pria che all’Achea terra
Si fosser vòlti di Calcìope i figli
Che un dèmone o un Erinne or qua per nostra
Dolorosa sventura ha ricondotti!... 1020Ch’egli pêra pugnando, se destino
Gli è di perir là su quel campo. E come
Poss’io d’ascoso da’ parenti miei
I farmachi apprestar? che dirne ad essi?
Quale inganno adoprar? come soccorso 1025Porgere a lui furtivamente? O forse
Lui sol disgiunto da’ compagni suoi
Di veder farò prova, e d’abbracciarlo?
Misera me! chè s’ei pur muore, io pace
Non però sperar posso; anzi gran duolo 1030Allor n’avrò che spento ei fia di vita.
Orsù, bando al pudor, bando al decoro!
Salvo ei sia per mio mezzo, e illeso poi
Vadane ovunque andar gli piace; ed io,
Io, poi ch’egli compiuto avrà il certame, 1035Quel dì stesso morrò, sia che dal palco
Penda avvinta alla gola, o che trangugi