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libro iii. 161

     Ben talor la parola insù la punta
     895Le sorgea della lingua, e tosto poi
     Giù scorreale nel petto. Anco sovente
     Movea bramosa di parlar le labbra,
     Ma fuor la voce non uscìa. Sospinta
     Dalla forza d’amor pur finalmente
     900Tali ad arte proferse infinti accenti:
     Calcìope, a me per li tuoi figli in pena
     L’animo sta, che non li uccida insieme
     Con que’ stranieri il genitor; sì tristi
     Sogni vid’io, mentre testè sopita
     905Breve sonno m’avea. Deh un qualche dio
     Li mandi a vuoto, e che tu mai non abbi
     Tal dolore a provar per li tuoi figli!
Così la suora ella venìa tentando,
     Se primiera volea chiederle aita
     910A’ figli suoi. L’altra, che in grave angoscia
     L’animo immerso avea per la temenza
     Di ciò che udìa, così rispose a lei:
     E anch’io tutti agitai questi pensieri,
     E venni a te, se consultarne insieme,
     915E recar tu ne vogli alcun soccorso.
     Ma per la Terra e per lo Ciel mi giura
     Che quant’io ti dirò, terrai nel petto
     Ben chiuso, ed opra a mio favor farai.
     Ah! per gli dei te n’ prego, e per te stessa,
     920E per li genitori, ah! ch’io non vegga
     I figli miei da strazio miserando
     Perir disfatti; — o morta anch’io co’ figli

Bellotti. 11