De’ genitori miei. Che s’io potessi
Piegar mai questo saldo animo mio,
Nulla senza la suora io tenterei; 840E se in pro de’ suoi figli ella d’aïta
Mi richiedesse nel feral cimento,
Ciò il fiero duol mi ammorzerebbe in cuore.
Disse, e in piè surta aprì le porte, e scalza
E con sola una veste, impazïente 845Di trovar la sorella, oltre la soglia
Fuor si spinse; ma poi dalla vergogna
Rinfrenata arrestossi, e si ristette
Nel vestibolo a lungo, e indietro volta
Poi tornò dentro, e fuor n’uscì di nuovo, 850E nuovamente entro fuggì, siccome
Or qua or là l’insano piè la porta.
Quando fuor prorompea, dentro il pudore
La ritirava, indi il desio più audace
Fuori ancor la spingea. Tentò tre volte 855Uscir; tre volte s’arrestò; la quarta
Cadde prona nel letto, e vi s’involse.
Come se giovinetta il bel garzone
Piange, a cui fidanzata era dal padre
E da’ fratelli, e pudibonda e saggia 860Non con le ancelle sue si mesce, e siede
Nel più interno recesso addolorata
Per lui, cui trasse avverso caso a morte
Pria che de’ mutui loro intendimenti
Godessero il diletto: ella, quantunque 865Il duol la strazii, ad or ad or mirando