Nè consiglio cred’io tanto qui giovi,
Quanto forza di mano. E se tu pensi,
Eroe Giason, poter d’Eeta i tori
Sopporre al giogo, e sostener l’incarco, 670Via! la promessa ad osservar t’accingi.
Ma se l’animo tuo non ben s’affida
Del poter tuo, nè là tu andar, nè gli occhi
Gittar sovra veruno altro di noi;
No ’l soffro io, no. D’ogni travaglio alfine, 675L’ultimo fia d’ogni dolor la morte.
L’Eácide sì disse. A Telamone
L’animo si riscosse, e in piè repente
Concitato balzò. Surse per terzo
Ida che assai di suo valor presume; 680Poi di Tindaro i figli, e quel d’Eneo,
Che fra’ prodi garzoni ha già suo loco,
Benchè sovra la guancia il primo pelo
Non ancor gli fiorisca: in tanta forza
Il suo spirto s’eleva. A questi gli altri 685Cesser tacendo; ed Argo allor sì disse
A quei che ardean di far battaglia: Amici,
Questa esser debbe ultima cosa. Io spero
Che d’aita opportuna utile a voi
Sarà la madre mia. Però la brama 690Del pugnar contenete, e nella nave
State ancor per alquanto. Il raffrenarsi
Val meglio assai, che abbandonatamente
Avventarsi a mal fine. È nelle case
D’Eeta una donzella, a cui la diva