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152 argonautica.

     O mio caro, se a te pur così piace,
     Non io m’oppongo. Or ben, là vanne, etenta
     640Con accorte parole e con preghiere
     Vincer la madre tua; ma speme ho fiacca,
     Se ci affidiam del buon successo a donne.
Giunser, ciò ragionando, alla palude.
     S’allegrâr del vederli i lor compagni,
     645E li assalser d’inchieste. In mesto aspetto
     Porse ad essi Giason questa risposta:
Oh amici! duro egli è d’Eeta il cuore,
     E apertamente irato a noi; chè il tutto
     Nè a me giova narrar partitamente,
     650Nè udirlo a voi. Questo egli disse insomma,
     Che nel campo di Marte havvi due tori
     Co’ piè di bronzo, e dalle bocche accesa
     Fiamma soffianti. Arar m’impon con essi
     Un di quattro misure esteso campo,
     655E i denti in quello seminar d’un drago,
     Che produrran terrigeni guerrieri
     D’armi ferree vestiti; e in quel dì stesso
     È mestier ch’io li uccida. Ed io ciò tutto
     (Nulla meglio potea) franco promisi.1
660Sì disse, e a tutti la proposta impresa
     Impossibile parve. A lungo in faccia
     L’un l’altro si guardâr taciti, muti,
     Attoniti, confusi. Alfin fra tutti
     Arditamente favellò Peléo.
     665Tempo or è di fermar ciò che far dêssi;

  1. Var. al v. 659. (Meglio a far non avea) franco promisi.