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libro iii. 145

     440Pur di saperlo, io no ’l terrotti ascoso.
     Di Grecia un re, mandar lungi volendo
     Dal patrio suolo e da’ poderi aviti
     Questo eroe, perchè in possa ed in valore
     Su gli Eòlìdi tutti egregio splende,1
     445Qua venir lo costringe a dura impresa,
     E affermò non poter di Giove irato
     Placar lo sdegno, e nè il reato enorme,
     Né le ultrici espiar furie di Frisso
     L’Eólide progenie, ove dappria
     450Alla Grecia non torni il Vello d’oro.
     Però Palla Minerva una costrusse
     Nave a ciò, non già tal quale de’ Colchi
     Sono le navi (e la peggior fu quella
     Che a noi toccò, sì che i marosi e il vento
     455La squarciarono tutta); essa di chiovi
     Ben salda sta, s’anco le danno assalto
     Quante in mare ha procelle, e al par va celere
     O che il vento la spinga, o i naviganti
     Dien con forza di braccia a’ remi impulso.
     460Questi in essa raccolto ha degli eroi
     Di tutta Grecia il fiore, e percorrendo
     Molto cammin di tempestoso mare,
     E città molte, ora alla tua ne viene,
     Se quel Vello dar vuoi. Ma qual ti piace,
     465E tal fatto sarà; ch’egli a rapirlo
     Non vien di forza; e se gliel doni, ha fermo
     Renderne a te degna mercede. Udìa

  1. Var. al v. 444. Degli Eòlidi tutti è il più prestante
Bellotti. 10