tica epopea ne’ tempi suoi. Compose giovanissimo gli Argonauti, poema in 4 libri o canti, di 5835 versi e ne fece, come era costume di quel tempo, pubblica lettura. Ma fossero difetti del componimento, fossero avversioni e pregiudizi di scuola, fossero bassi intrighi d’invidiosi letterati, chè tutte queste cause si sono dai moderni filologi supposte, fatto è che il nuovo poema non piacque, e che il giovine Apollonio avvilito o sdegnato lasciò Alessandria, e venne in Rodi (circa l’Olimpiade 131), ove le lettere erano coltivate con amore da una scuola numerosa di studiosi. Quivi si dice che rifacesse o correggesse il suo poema, e che in breve v’acquistasse celebrità, e godesse stima universale, e ottenesse, oltre a cariche ed onori, il diritto di cittadinanza; per il che egli in attestato di gratitudine volle d’allora in poi essere detto Rodio anzichè Alessandrino. I rapporti d’amicizia che dapprima vi avevano fra il giovane poeta e il vecchio maestro si raffreddarono assai da questo momento, probabilmente per la divergenza de’ principii circa alla forma e allo scopo della nuova poesia; ed in breve anzi, per cause a noi ignote, si mutarono in aperta inimicizia, che si fece via via più aspra e inconciliabile, e della quale furono poco nobile espressione per parte di Callimaco l’Ibis, poemetto che noi conosciamo per l’imitazione che ne fece Ovidio, e per parte di Apollonio un mordace e fiero epigramma, che ancor si conserva, se pure non fu falsamente attribuito a lui.1 Anche negli ultimi versi dell’Inno ad
- ↑ Anth. Pal., XI, 275: Καλλίμαχος τὸ κάθαρμα, τὸ παίγνιον, ὁ ξύλινος νοῦς, Αἴτιος ὁ γράψας Αἴτια Καλλίμαχος.