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vi | apollonio rodio. |
della celebre Biblioteca pur allora fondata da Tolomeo Filadelfo, egli discorse in una serie di quadri, ossia di cataloghi ragionati, di tutti i tesori letterarii quivi radunati, e pose il primo fondamento alla storia della letteratura greca. La vastissima erudizione, la fina coltura, il gusto delicato e squisito lo innalzarono a capo di una scuola numerosa di discepoli, della quale uscirono parecchi de’ più celebri grammatici e letterati di cotesta età. Egli insegnava che la poesia e l’arte a grande stile, che erano altra volta fiorite, erano ormai disadatte a’ nuovi tempi; che gl’immortali poemi d’Omero, che le inspirate canzoni di Pindaro, che i drammi sublimi di Eschilo e di Sofocle dovevano bensì essere studiati e meditati da ognuno che sull’ardua via degli studii tentasse progredire, ma che sarebbe stato inutile od assurdo il volerli imitare, o il voler rivaleggiare con quelli. Brevi componimenti, quali appunto l’elegia, l’inno, l’epigramma, leggieri e delicati concetti, erano il cibo delle nuove generazioni; l’arte antica maschia e grandiosa dai fiacchi contemporanei non poteva più essere raggiunta.
Fra i discepoli di Callimaco v’avea pure Apollonio. Nacque egli in Alessandria, ma l’anno della sua nascita come quello della sua morte sono incerti. Visse e fiorì sotto i regni di Tolomeo Evergete (247-221 avanti Gesù Cristo) e di Tolomeo Filopatore (221-204 avanti Gesù Cristo). D’ingegno pronto e svegliato, d’animo aperto e sensibile alle seduzioni del bello, diventò entusiasta, fino dai primi suoi anni, di Omero e degli antichi epici; e male acquietandosi alle dottrine del maestro, credette di poter far rifiorire l’an-