Taceasi, e riverente riguardava
Giuno a sè supplicante; indi risposta 105Così le fece con blande parole:
Augusta dea, nulla pur sia che tristo
Possa dirsi giammai più di Ciprigna,
Se a’ desiderii tuoi ritrosa io niego
O parola o alcun’opra, a cui bastanti 110Sien le imbelli mie mani; e di ciò nullo
Di favor contraccambio a me ne venga.
Più non disse Ciprigna, e Giuno a lei
Scortamente soggiunse: Or nè di forza
Noi, nè d’opra di mani abbiam bisogno; 115Ma sì ben che tu solo al figliuol tuo
Imponer vogli d’instillar nel cuore
Della vergin d’Eeta un amoroso
Per Giasone desìo. Se con lui dessa
Si concorda d’affetto, agevolmente 120Quegli, cred’io, con l’auree lane a Jolco
Ritornerà; chè assai scaltrita è quella.1
Ad entrambe le dive allor Ciprigna:
A voi, Giuno e Minerva, il figliuol mio
Più che a me stessa obbedirà: di voi, 125Ben che impudente, alla presenza vostra
Qualche po’ di vergogna avrà fors’egli:
Di me non cura, anzi con me fa sempre
Lite, e mi sprezza, a tal che un dì stizzita
Della malizia sua, rompergli l’arco 130Volea con esso i mal fischianti dardi,
↑Var. al v. 121. Tornerà, chè scaltrita è quella assai.