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iv | apollonio rodio. |
il lusso e gli agi della vita assorbivano tutte le attività di queste nuove cittadinanze. Solo una classe relativamente ristretta di studiosi rimase fedele al culto del bello e del vero; ma rari e poco intimi erano i suoi rapporti col popolo, nè sapeva ritrarre da esso gli impulsi e le forze, che soli valgono a conservare florida e continua la vita alle lettere belle e alle arti.
La poesia staccata in tal modo dal popolo, creata da letterati ed eruditi, per solo svago e diletto di pochi, perdette ogni spontanea ispirazione, ogni vivacità e freschezza. L’erudizione, carattere predominante negli studii di questa età, filtrò essa pure nei componimenti poetici; e ne formò presso i contemporanei il pregio principale. La poesia didascalica, che da Esiodo in poi non si era quasi più coltivata nella Grecia, passa ora al primo posto. L’Astronomia, la Fisica, la Medicina, le scienze tutte, che costituivano allora l’albero del sapere greco, furono trattate in versi eleganti, armoniosi, da tutti ammirati, ma ai quali ogni vena di sana poesia, ogni impeto di passione sincera facevano difetto. Delle vecchie forme dell’arte la commedia sola può dirsi veramente viva ancora e popolare; ma specchio di una società floscia e corrotta, doveva in sè contrarre i difetti tutti del modello che ritraeva. L’elegia e l’epigramma godettero pure molto favore presso gli Alessandrini; ma non era più il semplice e solenne epigramma d’altra volta, non era la robusta elegia di Callino e di Tirteo, non la prudente di Solone e di Teognide. L’epigramma acquista ora appunto quel carattere arguto, artificioso, satirico che oggidì si considera come es-