1215Che dall’Indiche genti alla natìa
Tebe tornando, celebrò sue feste,
E danzar fe’ suoi cori innanzi all’antro
Che a lui d’aula fu in vece a riposarsi
Le sacre notti; onde quel fiume poi 1220Callìcoro fu detto, Aulio quell’antro.
Dell’Attóride Stenelo la tomba
Videro poi, di lui che dalla guerra
Delle Amazoni, ov’ito era compagno
Ad Alcide, tornando, di saetta 1225Estinto giacque in quel marino lido.
Non ancor trapassati, ecco la stessa
Dea Proserpina a lor suscitò l’ombra
Dell’Attóride eroe, che lagrimando
La pregò di poter quelle un istante 1230Genti mirar compatriote. E surta1
Del tumulo su ’l colmo contemplava
L’Argóo naviglio. Era in sembianza tale,
Quale a battaglia andar soleva; e bello
Di quattro coni e di purpurea cresta 1235Gli sfolgorava adorno un elmo in fronte.
Tale apparve, e nel bujo atro d’Averno
S’affondò nuovamente. A quella vista
Stettero i Minii di stupor colpiti;
E d’Ampico il figliuol, Mopso profeta, 1240Quivi gli esorta a soffermarsi, e l’ombra
Propizïar con libamenti; ed essi
Strinser tosto la vela, e fuor su ’l lido
↑Var. al v. 1230. Genti mirar di sua contrada. E surta