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libro ii. | 107 |
1160Una nobil baldanza in cuor d’Anceo,
Di lui che presso dell’Imbruso all’acque
A Nettun partoriva Astipalea,
Ed era assai del ben guidar navigli
Maestro esperto. Ei di repente innanzi
1165A Peléo se ne venne, e sì gli disse:1
O d’Èaco figlio, è bella cosa or dunque
Cessar d’ogni fatica, ed ozïosi
Qua rimanerne in forestiera terra?
Me Giason da Partenia al Vello adduce,
1170Me non tanto guerrier, quanto perito
Condottier di navigli; onde nè lieve
Per la nave un timore in voi non sia.
Ed altri ancor di nautic’arte instrutti
Stavvi qui, che qualunque insù la poppa
1175Al governo porremo, a buon viaggio
Non fallirà. Su dunque, esorta, e lutti
L’assunta impresa a rammentarsi incita.
Disse, e a Peléo brillò di gioja il cuore,
Nè si posò che de’ compagni in mezzo
1180Venne, e parlò: Prodi campioni illustri,
A che inutil cordoglio ormai qui stiamo
Covando inerti? Soggiacean que’ due
Al mortal caso, a cui sortilli il fato;
Ma noi nocchieri a ben guidar la nave
1185Altri abbiamo, e non pochi. Il tempo adunque
Non logriam negl’indugi: or via gittate
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Var. ai v. 1164-1165. Maestro esperto. Egli a Peléo dinanzi
Si piantò di repente, e sì gli disse: