Fêan con pii libamenti e col devoto 965Toccar dell’ostie, che l’un l’altro aita
Si daran sempre. E sta quel tempio ancora
Della buona Concordia, ond’essi onore
Rendean di quella al venerando nume.
Surta di poi la terza luce, al forte 970Di Zefiro spirar l’erma lasciâro
Isola montuosa, ed alla foce
Giunsero quindi del Sangario fiume,
Quindi de’ Mariandini al verdeggiante
Suolo, e del Lico alle correnti, ed oltre 975Passâr l’Antemoíside laguna;
E sotto al vento il sartiame, e tutto
L’armamento naval si dibattea,
Finchè lungo la notte racquétossi
Quel soffiar forte, e buon lor grado all’alba 980Nel porto entrâr dell’Acherusio capo
Che il Bitinico mar guarda e con erte
Rupi in alto si spinge; ha liscie al piede
E lustre pietre, intorno cui si volvono
Con gran fremito i flutti; e su la vetta 985Selva di larghi platani frondeggia.
Di verso il continente una s’adima
Cupa convalle, e v’è dell’Orco in essa
L’antro oscuro di sassi e di boscaglia,1
D’onde sempre un vapor freddo esalando 990Dal tetro fondo, ognor vi sparge intorno
Bianca una brina, che al meriggio il Sole
↑Var. al v. 988. Lo speco atro di rupi e di boscaglia,