935Sì disse, ed altri a costruir con pietre
Tosto un’ara; girando altri si diêro
Per l’isola a cercar se damma o alcuna
Lor venisse veduta agreste capra,
Animanti che in copia hanno covile 940In cupe selve. E il Lalonide ad essi
Dienne a far cacciagione; e, come è rito,
Essi di tutti in doppio zirbo avvolte
Arsero su la sacra ara le cosce
Alto invocando il matutino Apollo; 945E in largo giro intorno all’ostie un ballo
Danzâr, devotamente il bello a Febo
Scoccapeán, Scoccapeán, cantando.
E d’Eagro il buon figlio un inno arguto
Sciogliendo al suon della Bistonia cetra, 950A intonar cominciò com’egli, il dio,
Sotto l’erto Parnaso il mostruoso
Delfine immane co’ suoi dardi uccise,
Impube ancora, ancor godente e vago
Di sua chioma ricciuta. — Oh fausto aspira! 955Sempre, o signor, son le tue chiome intonse,
Sempre intatte: è tuo dritto; e sol Latona
Con le care sue mani le accarezza;
E seguì come le Coricie Ninfe,
Del Plisto figlie, a quell’eccidio ardire 960Gli fêan gridando: Scocca; e d’indi in poi
Sonò quel grido entro al bell’inno a Febo.
Poi che i prodi onorato ebbero il Dio
Con danzate canzoni, un sacramento