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96 | argonautica. |
Sollecito non son punto nè poco,
855Io per questo e per quel, per te, per tutti
Tremo i compagni miei, se ricondurne
Non potrem salvi al patrio suolo Elleno.
Con siffatto parlar de’ suoi campioni
Tentar l’animo ei volle; ed essi un grido
860Acclamâr di coraggio. A quelle voci
Sentì l’alma Giason dentro allegrarsi,
E con aperto ragionar soggiunse:
Amici, io pongo ogni fidanza mia
Nel valor vostro; e se pur d’uopo fosse
865Anco giù andar ne’ baratri dell’Orco,
Più timor non avrò, quando voi fermi
Ne’ cimenti terribili restate.
Ma dacchè salvi trapassate abbiamo
Le Simplégadi rupi, altro siffatto
870Terror, cred’io, più non v’avrà, se quella
Via seguirem, che ne tracciò Finéo.1
Tacque, e tosto ogni voce anco fu muta,
E all’incessante del vogar fatica
Inteser tutti. E giunto han già del Reba
875La veloce corrente, e di Colone
Lo scoglio, e quindi il Capo Nero, e poi
Del Fillide lo sbocco, ove già tempo
Dipsaco accolse entro sue case il figlio
D’Atamante, che in un con l’ariéte
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Var. ai v. 869-871. Le simplegadi rupi, altro, cred’io,
Seguiamo i saggi di Fineo consigli.
Tal terror non v’avrà, se navigando