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libro ii. | 95 |
Le travi Argo intendea: quindi perduta
Andar non puote. Or tu, figliuol d’Esone,
Tanto più non temer ciò che t’impose
830Il tuo signor, dacchè un iddio n’ha dato
Di scampar da que’ scogli. A compier lievi
Gli altri cimenti a te Finéo predisse.1
Ei, così favellando, il cammin volse
Di mezzo al mar vêr la Bitinia terra;
835E l’Esónide a lui fe’ di rincontro
Con benigno sermon questa risposta:
Tifi, a che nel mio duol sì mi conforti?
Errai; soggiacqui a troppo duro e grave
Incarco. Io ricusar dovea di colpo,
840Quando Pelia l’impose, una tal gesta,
Se per castigo ancor tocco mi fosse
Disbranato morir miseramente.
Ora in gran tema, in opprimenti angoscie
Io sto, del mar le tempestose vie
845Navigar paventando e paventando
Alle terre approdar; chè dappertutto
Genti v’ha scelerate. Io da quel punto
Che raccolti vi siete in favor mio,
Sempre la notte ad ogni dì seguente
850Veglio in sospiri, ad un ad un pensando
I perigli a venire. Agevol cosa
È a te sermoneggiar, che di tua vita
Solo hai pensier; ma io che di me stesso
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Var. ai v. 831-832. Lo scampar da que’ scogli. A te Finéo
Lievi a compier dicea gli altri cimenti.