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ii apollonio rodio.

quasi in sull’ultimo limitare della storia delle lettere greche. Egli appartiene all’età alessandrina, nella quale la poesia aveva cessato d’essere popolare nel vero senso della parola. Coll’allargarsi della coltura e della civiltà greca, dopo il tempo di Alessandro, oltre i confini naturali del paese, sovra popoli di stirpi diverse, le lettere aveano perduto la natìa spontaneità e freschezza. La fantasia del popolo, dalla quale era prima sgorgata così abbondante vena di poesia sempre varia e sempre nuova, parve ora esaurita. Il pensiero greco, giunto al suo più alto e pieno sviluppo, stanco quasi della lunga via così rapidamente percorsa, sazio di quell’ansia giovanile, colla quale aveva già tutte tentate e côlte le forme dell’arte della parola, si ripiegava ora sovra sè medesimo, e si riposava con compiacenza nella contemplazione delle opere sue. L’attività intellettuale della nazione si metteva per nuove vie.

Il senso critico subentra all’impulso creatore, l’amore delle scienze esatte e positive si sostituisce all’amore puro dell’arte, il sentimento del vero comincia a prevalere sul sentimento del bello. I modelli di perfetta poesia creati dalle generazioni precedenti, sorti in mezzo al popolo e pel popolo, sotto l’impulso spontaneo del genio, per un bisogno prepotente del pensiero, formano in questa età l’ammirazione di tutti, e sono oggetto di meditazione e di studio per ogni colta persona della Grecia. L’età alessandrina è l’età degli eruditi, dei filologi, dei grammatici. La dottrina svariata e l’erudizione d’ogni specie restringe sempre più il campo della poesia. I poeti