715Fattovi sopra, insù la nave ascesi
Diêr mano a’ remi, e non li prese oblio
Di seco aver la pavida colomba;
Ma stretta in mano, e tutta trepidante
La si teneva Eufemo; e dalla riva 720Sciolsero l’addoppiato attorto fune.
Non isfuggì la dipartenza loro
Di Pallade allo sguardo. Immantinente
Salse co’ piè su nuvola leggiera,
Che lei, grave quantunque, a ratto corso 725Agevole portasse, al mar si volse,
Favoreggiante a’ naviganti. E come
A chi dal patrio suolo erra lontano
(Che spesso avviene all’uom) terra nessuna,
Per cui passò, dal suo pensiero è lungi, 730Le vie percorse ha innanzi agli occhi, e a sue
Case pensando, e terra e mare in mente
Volge, e lo sguardo acutamente intende;
Così dal ciel celeremente scesa
L’alma figlia di Giove a posar venne 735Su ’l Tinio lido inospital le piante.
Venian fra tanto i Minii a quell’angusto
Difficil passo in fra que’ scabri scogli,
Da cui d’ambe le parti è chiuso in mezzo.
Già l’onda vorticosa scorrea sotto 740Alla carena, e quei con timor molto
seguente si dice che gli Argonauti montarono in nave dopo eretto l’altare, ciò avrebbero dovuto far prima, essendo essi su la riva europea. Vedi Heyne, Homer. Iliad., vol. vii, pag. 23.