Spinsero, e come impedimento pose
Iride al farne scempio, e qual la diva 580Fe’ amichevole giuro, e nel Ditteo
Antro corser le triste a incavernarsi.
S’allegrâr del racconto i prenci tutti,
E Fineo primamente, a cui rivolse
Questi Giasone affettuosi accenti: 585Certo, o Fineo, fu un qualche iddio che prese
Pietà del tuo misero stato, e noi
Qui da lunge mandò, perchè soccorso
Ne recassero a te di Borea i figli.
Oh se la luce agli occhi tuoi rendesse 590Quel dio pur anche, avrei, cred’io, tal gioia
Qual se salvo tornassi al patrio tetto!
A que’ detti benigni mestamente
Replicò l’altro: O buon figliuol d’Esone,
Ciò non puote esser più; più non è modo 595A rallumar questi occhi miei: consunte,
Vuote son le pupille. Oh! presta morte
Un dio mi mandi in quella vece: estinto,
Di tutte gioje avrò mia parte anch’io.1
Mentre alternan fra lor queste parole, 600Non tardò guari ad apparir l’aurora;
E per uso i vicini ogni dì sempre
A Fineo concorrevano a recargli
Parte ciascun di sue vivande; ed egli
A ciascun che con poco anco venisse, 605Predicea le sue sorti; e da sventure
↑Var. al v. 598. Anch’io godrò di che laggiù si gode.