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86 argonautica.

     Spinsero, e come impedimento pose
     Iride al farne scempio, e qual la diva
     580Fe’ amichevole giuro, e nel Ditteo
     Antro corser le triste a incavernarsi.
     S’allegrâr del racconto i prenci tutti,
     E Fineo primamente, a cui rivolse
     Questi Giasone affettuosi accenti:
585Certo, o Fineo, fu un qualche iddio che prese
     Pietà del tuo misero stato, e noi
     Qui da lunge mandò, perchè soccorso
     Ne recassero a te di Borea i figli.
     Oh se la luce agli occhi tuoi rendesse
     590Quel dio pur anche, avrei, cred’io, tal gioia
     Qual se salvo tornassi al patrio tetto!
A que’ detti benigni mestamente
     Replicò l’altro: O buon figliuol d’Esone,
     Ciò non puote esser più; più non è modo
     595A rallumar questi occhi miei: consunte,
     Vuote son le pupille. Oh! presta morte
     Un dio mi mandi in quella vece: estinto,
     Di tutte gioje avrò mia parte anch’io.1
Mentre alternan fra lor queste parole,
     600Non tardò guari ad apparir l’aurora;
     E per uso i vicini ogni dì sempre
     A Fineo concorrevano a recargli
     Parte ciascun di sue vivande; ed egli
     A ciascun che con poco anco venisse,
     605Predicea le sue sorti; e da sventure

  1. Var. al v. 598. Anch’io godrò di che laggiù si gode.