380Zete e Càlai così già già da presso
Seguonle, già con le protese mani
Le aggrappan quasi, e ben le avrìan, malgrado
Anco de’ numi, sgominate e morte,
Poi che nelle lontane isole Plote 383Le raggiunsero alfin; ma la veloce
Iride che ciò vide, ivi dal Cielo
Giù scorse, e sì parlando li rattenne:
Non lice, olà! figli di Borea, morte
Dar co’ brandi alle Arpie, cani del sommo 390Giove. Ma io darovvi giuramento
Ch’esse a Finéo non torneran più mai.
E giurò per la sacra onda di Stige
(Reverendo e tremendo giuramento1
A tutti dei), che in avvenir le Arpie 395Non più dell’Agenòride Finéo
Vedran le case, e che pur tale è il fato.
Cesser quelli al gran giuro, e vêr la nave
Ratto diêr volta; e da quel punto in poi
Quell’isole che Plote eran nomate, 400Han di Strofadi nome. Iride allora,
E l’Arpìe si partîro; e queste a un antro
Rifuggiron di Creta; Iri all’Olimpo
Levossi a vol su le veloci penne.2
I prenci intanto, al vecchio re detersa 405Dallo squallor la cute, i sacrificii,
↑Var. al v. 393. (Giuro il più reverendo e più tremendo