240D’Agenore figliuol, che delle tutte
Sventure umane la maggior sofferse,
Per la data già tempo a lui da Febo
Profetic’arte, ond’ei mal cauto abuso
Fe’, svelando a’ mortali anco la sacra 245Mente di Giove. Irato il dio vecchiezza
Diuturna gli diè, ma in un la cara
Luce degli occhi a lui togliea, nè alcuno
Concedeagli gustar di tanti cibi,
Di che i vicini che il venìan chiedendo 250Di vaticinii, gli fornian la casa;
Chè dalle nubi repentinamente
Giù piombando le Arpie, di man, di bocca
Gli rapian sempre con gli adunchi artigli
Ciò che a cibar prendea, talor la mensa 255Disertando di tutto, e talor qualche
Lasciandovi reliquia a fin che vivo
Pur d’inedia languisse; e un odor tetro
Vi spargean sopra, che nessun potea,
Non che al labbro appressar quelle vivande, 260Pur da lunge patirlo: un cotal puzzo
Si diffondea da que’ lasciati avanzi.
Or le voci egli udendo e il calpestìo
Delle genti, avvisò giunti esser quelli,
Dal cui venirne era da Giove a lui 265Promesso che securo alfin potrebbe
Fruir sue dapi. Si rizzò dal letto,
Come spettro di sogno, e su’ piè grinzi
Col baston sostenendosi, e tastando