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«AFtJT XIV.
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Accipìes quod Graeci dìcunt Ifechon^ et facies farìnani. Admisces cnm melle eo tempore, quo dalcia facturas es.
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COMB LB CBICCSB FAtlIt CON M«tB SÌ ÈOUAHO COB8BBVABB LUNGO TBMPO.
Prendi ciò che ì Greci appellano Nec%on (i) e fanne farina. Allorché Invoglia coraporne chiochci mesci quella farina col mele.
ma U «ale •• è cIm coiifmo filile attibaigi é% (farcia dair Orto, che infliagini ’ aa* asta fetida ad «■’ assa dolce, precipitò nello sproposito di asserirla come belxaino.
Riteniamo con gli antichi che il Laser Cirenaico provenisse da un* otfbdlifara fra le ferulacee: che i frutti sieno piano-alat^: che le foglie sieno somiglianti quelle del sedano, e Tediamo ciò che ne pensarono i moderni, quelli cioè che "«il ercdettei^, bene giudicando. Tassa fetida.
Prospero Alpino, botanico a’ suoi di celebre, a’ nostri ripuuio osatrratort freddo,. aouio^^diligeBtàsiimo, nel suo libro d«J’Iantis txoiica^ < Vanqtiìs i656) alia pagina aii, dice di arere veduu in Padoya neirortp di un Bon la pianta del Laser, e la descrive con le parole seguenti: Cum.^.Jerre.... cau^em in umbella semen latum^ Jbìiaceum^ et particulatirri, ut de laserpltio CTpressU Theophrastus^ guaJe est atripllcis hortensis^ pdttea viderimus,* atque et’uun, quod laserpitii prapri^m ette vidthatur^ per aestatem fi^uo iem^ port e^uu éam pUmtmn ojf^ndiX ’*^ cuuiis A radix copiosius lacteum ^ucemm. pd^raittim Jkudmr* vidù>semus^ sponfeque ex caule, ramis et radice copiosunt emanaret ( quod lac primum colore vero lacteo ccrnebatur^ posteaque collectum, et aliquandiu ser^ vatum^ colore Jmkmsoehmt, 0t tatvdoratum alicujus etcaUJiictionis non expers),* tunc quippe ex iis sìgnis observaiis^ eam plantam laserpitium esse Theophrasti^ Dioscoriéis ei FUnii JàeiU oHimadvertimus’, quodcérte^ti l^opkrastOf Dioscoridì at- • que Plinio (qui soli ex i/eteribus laserpitii plantam éeseripsermU) credendttm ««^ «rationt non abhorrebit, ut omnibus persuaderttur ¥Mrum «tàtk plantam esse laserpitium, ncque immerito ita nos ipsam plantcun nontinoM^e^ ctun praesertùn eorum. veterum testimonio constet^ olim laserpitium Juisse plantam Jerulaceam^ caulemque habuisse longitu^ dine et crassitie utjerula^ in cujus cac amine producebatur semen latum et Jòliaceum, qualis in hortensi atriplice (auctore Theophrasto) visitar^ Jbliaque habuisst itidem apiijolus simiOa, et radicem crassam, ex qua ’et ex caule wumperet suócus ladeus odoratus, Quae singula cum in nostra pianta recte animadverterenttur^ mifum haud erit, si nos ipsam plantam laserpitium vocaverimus. An i^ero Cfrenaicum sii non audemus affirmarCy et Jortasse
qiiod vel Syria, fet ’Aìhnentu, pei’ in 9fedia olim
nascrbatur etc Da quesu destricione, «he mi è
piaciuto trascrivere intera, si conosce con tutta probabilità che r Alpino ha ved|«to la pianta del Laser Africano, e solunto sono da eccettuarsi le foglie ch’ei dice di presxemolo, e che lo Stt^el he’intii cementi aTeofraato dando la figura dell’Alpino, corregge con altra più esatta tolta pure da lui da pianta vivente, la quale ha precisamente le foglie del sedano.’ L’Alpino dunque fra i moderni fu il primo a riconoscere il vero Laser e quantunque con somma modestia non voglia decidere «e ^ello «he aveva dinanci gli cecili Ibise 1* Africano o rAsiaticQ( mdUdimcao, ao«trovandoln di ddore disgustoso nel sacco, sì pqò ragioncvol^Hlte supfNtfrre che la sua pianta, appartenesse al primo. lied, è da credese che, dove avesse sentito d’aplio, T avrebbe dimenticato. Fa meraviglia però che ned il Linneo ned i botanici posteriori, almeno per quanto mie venuto sott^ occhi, abbiano ciuto T Alpino a proposito del Laser, e f^ anche più meraviglia che, non badando alla caratteristica del Semen Jbliaeeum, Jblium vero deciduum dau dagli antichi alla pianu, alcuni fra i più recenti r abbiano voluta un laserpitium, come per esempio il Desfonuines nella FJora Atlantica ed il Pacho nel F^oyage datis la Martinique pubblicato nel 1827. Il Viviani in una pianti,, eoi ’ lolcl Oultó però, eh* ebbe fra le mani, credette riconoscere il vero Laser, e la nominò Thapsia Silphium, Non so s’egli abbia avuto riguardo alla descritiòW ed alla ’figura dilf Alpino e dello Stapel, ma è sicuro che non si è ingannato riporundola al genere Thapsia abbastanza sicuro per U deficienNa d’involucri «enarali e parsìali, e per le ali del frutto. In ogni modo, io crederei che la vera pianu descritu dair Alpino secondo i caratteri dati dagli antichi, pianU che i bounici debbono osservare nell’Algeria ove senaa dubbio dee pure trovarsi, fosse da nominarsi Thapsia antiquorum.
Che Apicio favelli in tutto questo libro del Laser legittimo, non del falso, si vuol credere assolutamente, perchè si trattava della cucina dei ricchi, e perchè appunto in questo capo fa conoscere come si tenesse in sommo conto, locchè non si sarebbe fatto di qtiello di Media allora assai comune.
(i) Che cos*è questo Kechon? I commentatori ci dicono: hoc peculiare ^ennsfmese operls pista rii i e sarà così, quantunque mi reati ii^olto da dnbitare.
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