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teri, e pure cinque datteri1 ammollati nel vino tanto, quanto basti perchè riescano teneri a dovere. Compiuta la operazione, versavi trenta libbre di vino delicato. Consumati due mila carboni2, la cottura sarà perfetta.


CAPO II.


Condito di sciloppo di mele.3


Questo si è condito che si conserva, e si porge per istrada ai viaggiatori. — In luogo del condito precedente, per questo farai così. Metti in una scodella pepe tritato con mele a cui sia tolta la schiuma, e nel momento in che si voglia berne, quanto ne sia bisogno, altrettanto aggiungi di mele o di vino. È4 però bene mescolare un po’ di vino al mele perchè scorra meglio.


CAPO III.


Vino d'Assenzio Romano5.


Il vino d’assenzio Romano così farai. Se ti manchi il condito di Camerino, che suole usarsi per fare il vino di assenzio, in quella vece prendi una oncia6 di assenzio Pontico ben netto ed ammaccato, di mastice e malabatro tre scropoli, di costo7 sei scropoli, di zafferano tre scropoli, di vino vecchio trenta libbre. Non è bisogno di cottura, perchè amaro abbastanza.


  1. Phoenix dactylifera Lin.
  2. Bisogna credere che i Romani vendessero il carbone per numero e di grandezza determinata, e qui in verità non saprei trovarne il ragguaglio. Mi sembra però che dodici o quindici libbre di carbone potessero bastare per tutta la operazione.
  3. Così volto il Melizomum, che letteralmente si dovrebbe tradurre brodo di miele, perchè mi sembra che meglio convenga.
  4. Il Lister al vocabolo suaserit fa l’annotazione seguente: Piperatum tamen ex melle sic despumato per se melius conservatur, quam cum crudo vino commissum; ma tutto questo perchè? L’autore dice, che il vino si aggiunga allorchè si voglia bere del condito. E che ci ha a far qui la conservazione? Vanità delle vanità.
  5. Il vino di assenzio accennato dal nostro cuoco doveva servire per aguzzare maggiormente l’appetito ai ghiottoni Romani, che io non credo in tutto questo libro pensasse mai alla salute, bensì alla gola dei ricchi.
  6. Metto semplicemente una oncia, senza aggiungere Tebaica, perchè generalmente l’oncia si considerava dagli antichi, come dai moderni, composta di otto dramme, ciascuna delle quali uguale nel peso all’antico danajo, cioè al Consolare.
  7. Costus arabicus Linn.