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5 | del volgarizzatore | 6 |
ghiottoni di quell’Apicio che visse regnando Tiberio? Supponendola dunque sua fattura, meritava il rispetto di tutti i golosi, e diveniva, il codice irrefragabile di tutti i cuochi. Nè s’ingannò colui, imperciocché la menzogna passò felice per più secoli, finché fra gli studiosi si trovarono critici acuti i quali dalla inegualità dello stile, dalla volgarità dei modi e dalle voci straniere introdotte, conobbero il vero, e ritenendo l’ opera siccome monumento prezioso di antichità, non vollero perdere ulteriormente il tempo cercando fra le tenebre il nome del compilatore.
Ma in qual tempo fu fatta questa compilazione? A tale domanda crediamo che nessuno possa rispondere assolutamente. Il Lister la suppone fatta a mezzo l’impero Romano, e promulgata per copie più tardi, allorché le buone lettere erano scadute assai dalla primiera eleganza. Ne determina l’epoca, che per suo avviso sarebbe dopo Eliogabalo, traendone indizio da ciò che costui vi si appella non col proprio some ma con quello infame, appostogli, di Vario. Osserva che Ateneo, vissuto regnando M. Antonino il Filosofo, facendo menzione d’infiniti libri di cucina, di questo non parla; e conchiude che si abbia acquistato celebrità soltanto regnando Valeriano. Esaminiamo adesso quanto possa tenere la opinione del Lister. Lo stile, come più sopra dicemmo, è ineguale, perché la collocazione delle parti varia spesso, ansi diremo tanto quanto variavano le note, dalle quali il compilatore toglieva e raffazzonava. Alcune fra le manipolazioni si conoscono essere state descritte anticamente assai, trovandovi vocaboli obsoleti, come in Palladio. Altre si chiariscono posteriori, altre noi crediamo più recenti, appunto perché nella descrizione vi sono meschiate parole greche e barbare in buon dato. Anzi è assai probabile che la compilzione sia antica di molto, e vi si sieno aggiunte formole, mano naano che s’inventavano ed erano celebrate novelle preparazioni per le mense. Sopporre che il compilatore fosse Africano, come per alcuni fu creduto, appunto pei vocaboli greci e specialmente pei titoli greci dei libri, è supposizione senza fondamento, come pare è quell’altra che tutto il libro fosse quasi una traduzione dal greco. E forse che non si sa che ai tempi degli imperadori di Roma erano saliti in gran fama e quindi superbissimi i cuochi della Grecia e della Sicilia? Noi leggiamo in Ateneo come un cuoco greco rispondesse a tale che il dileggiava:
............. nescis cum quo verba
Facias? permultos novi ex accumbentibus
Meâ qui caussâ bona sua dilapidarunt.