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ove prima dì arrivare alla stazione scorremmo un tratto di strada fra due ringhiere stivate di gente, fra cui moltissime signore, sia del borgo, sia de’ luoghi circostanti, che ivi era accorsa per veder giungere solennemente quel traino, che poi doveva intraprendere le sue corse regolari, e procurarle il mezzo di trasportarsi, ogniqualvolta le piacesse, in breve ora e senza incomodi a Milano. Colà pure il popolo si affollava per ogni dove, colà pure si udivano risuonare i musicali concenti, e fino il drappello di soldati del santuario di Nostra Donna di Caravaggio si era colà chiamato per mantenervi l’ordine, che in nessun punto del tratto di via che noi avevamo percorso venne in quella festiva giornata menomamente turbato. Tutta la comitiva che era partita da Milano scese a terra, ed entrò in un apposito padiglione, ove dal probo e solerte caffettiere Baldassare Gnocchi chi era stato apprestato per ordine della Direzione un rinfresco, cui ognuno poteva prender parte. Dopo una mezz’ora circa di sosta, ritornati ai nostri posti, fummo trasportati in quarantacinque minuti a Milano, ripassando nuovamente fra la medesima folla che era rimasta lungo la via per vedere il ritorno del convoglio.
Già si è più volte parlato in questi Annali di tutti i lavori stati eseguiti fin ora sulla strada ferrata lombardo-veneta, e solo aggiungeremo, che il tronco da Milano a Treviglio fu sì accuratamente eseguito che non si sentono quelle scosse, quei sussulti, quelle ondulazioni che rendono talvolta disaggradevole un tale nuovo portentoso mezzo di viaggiare, e che generale è il desiderio sia presto proseguito e si congiunga in alcun modo al tronco veneto, che celeremente si avanza verso di noi. Nè taceremo che in questa strada ferrata tracciata da Giovanni Milani1, come parimenti in quella da Milano a Monza,