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TUC — 1054 — TUM


toccare con mano. || – supra lu vivu, offendere nella parte più delicata: toccare sul o nel vivo. E fig. arrecar altrui grandissimo dispiacere con motti pungenti: toccare nel vivo. || – dinari, riceverli, guadagnarli: toccare danari. || – di spiruna, spronare: toccar di sprone. || – lu cori, sommamente piacere o dilettare: toccare il cuore. Vale anche convincere, compungere: toccare il cuore. Muover a compassione: toccar il cuore. || Per dire ad uno che non faccia nulla a tal cosa o a tal individuo, si dice, nun lu tuccati: non lo toccate, lasciatelo com’è, non gli fate male e simili. || – li gaddini, osservare se hanno l’uovo. || a tocca e nun tocca, vicinissimo, così di tempo che di luogo: a tocca e non tocca. Vale anco in procinto: a tocca e non tocca. || nun tuccari la terra, si dice di chi ha grande allegrezza: non toccar terra. P. pass. tuccatu: toccato.

Tuccata. s. f. L’azione del toccare: toccata. || T. cacc. Luogo acconcio a far preda, ove per lo più si va da molti in unione. || Sonata che serve di preludio ad altre, per lo più sul pianoforte: toccata.

Tuccatedda. dim. Toccatina.

Tuccateddu. dim. di tuccatu.

Tucchettu. s. m. Spiazzata elevata dinanzi le chiese o altro: spiazzo. || Suono per richiamo fatto co’ cocci. || Luogo anche al coperto del sole ecc. || Nella scherma, quella piccola battuta che si dà al ferro avversario onde farlo deviare dalla linea.

Tucchierìa. V. jittena (Pasq.).

Tucculiamentu. V. tucculiata.

Tucculiari. V. trucculiari. || V. tuppuliari. || Per brancicare, palpeggiare.

Tucculiata. V. trucculiata.

Tudisca. Nella frase attaccari a quattru a tudisca, dicesi de’ cavalli attaccati alla carrozza guidati avanti da fantino.

Tudischïari. v. intr. Parlar inintelligibilmente, come inintelligibile è per noi il tedesco. || Venire a soddisfazione.

Tudischina. s. f. Veste succinta da donna. Forse fu moda venuta dai Tedeschi.

Tuduni. V. turuni.

Tufània. V. epifània.

Tuffari. v. a. Sommergere: tuffare. P. pass. tuffatu: tuffato.

Tùffiti. Voce onomatopeica del colpo di una percossa ecc.: tùffete. || Vale anche, a un tratto, improvviso: scappati o scoppati la mano.

Tuffa. s. m. Qualità di terreno, il quale non è altro che rena di varia grana un poco impietrita: tufo. || Lavoro fatto di tegole, cocci mattoni pesti, e mescolati con calcina ad uso di pavimenti. || La parte più materiale e più grave di checchessia: grosso. || Ciò che depongono in fondo le cose liquide: posatura, fondata, sedimento.

Tuffuni. V. toffu. || V. timpuni.

Tuffusu. add. Che ha del tufo: tufoso. || Che ha posatura, che fa posatura.

Tuglietta. vistitu a tuglietta, quello che è aperto nel davanti, sì nella vita che nella sottana: vestito a vestino.

Tugurieddu. dim. di tuguriu: tugurietto.

Tugùriu. s. m. Casa povera o contadinesca, capanna: tugurio.

Tuja. s. m. T. bot. Sorta di pianta: albero di vita. Tuja occidentalis L.

Tularu. V. tilaru.

Tuletta. s. f. Francesismo che indica quel tavolino con su lo specchio che serve per mirarsi, abbigliarsi e conservarvi gli arnesi a ciò: specchiera, abbigliatojo, pettiniera, specchio. || Tutto ciò che serve al vestimento, unitavi l’idea di una cotale eleganza: abbigliamento. E il resultato dell’abbigliarsi: abbigliatura. || È un giuoco in cui ognuno pigliando uno strascico dell’abito dell’altro formano una coda, poi dopo girato un po’ a un segno vanno a sedersi, delle sedie essendone una meno, chi rimane in piè paga il pegno: la regina, o forse anco: la coda romana (Fr. Toilette).

Tuli. V. botta. || V. vozza.

Tuliggiari. V. smargiazziari. || V. sufistichïari.

Tulipaneddu. dim. di tulipanu.

Tulipanu. s. m. T. bot. Pianta che fa cipolla, e fior non odoroso, ma vago per la diversità de’ colori: tulipano. Tulipa L. Alcuni coi fiori a foglie tagliuzzate si dicono parrucchetti; altri colle foglie intere tromboni.

Tulirari. V. tollerari.

Tuliru. Idiotismo di S. Fratello per tilaru V.

Tulittedda. dim. di tuletta. || Arnese collo specchio piccolo per tenervi pettine, spilli ecc.: pettiniera.

Tullìggia. s. f. Sofisticherìa, smancerìa (Biundi).

Tulliggiusu. add. Nojoso, seccatore.

Tullu. s. m. Sorta di drappo leggiero, trasparentissimo: tulle; o forse: spumiglia (Fr. tulle).

Tuma. s. f. Cacio fresco non salato: raviggiolo (Pasq. forse dal Lat. tumor).

Tumareddu. V. tummareddu.

Tumari. v. intr. Cadere, andar a capo in giù: tomare.

Tumasedda. s. f. Spezie di polpetta con zucchero ed uova: tomasella.

Tumazzeddu. dim. di tumazzu: caciolino.

Tumazzu. s. m. Cacio, formaggio. V. caciu. || – primintìa, quello di marzo: marzolino. || – galera, d’infima qualità e vecchio (Da tuma V.).

Tumedda. s. f. T. mar. Trina fatta con vecchi filacci, colla quale si fasciano alcune parti dei cavi d’ormeggio per proteggerli dallo sfregamento: baderna.

Tumettu. dim. di tomu al § 1.

Tumiceddu. dim. di tomu al § 1 e 2.

Tumilai (A. Posto avv. vale trascuratamente: alla carlona.

Tumma (A. Posto avv. vale tombolando: ruzzolone.

Tummareddu. s. m. T. zool. Sorta di pesce che salta fuori dell’acqua: delfino (Vinci. Da tombolare, perchè salta e s’attuffa tombolando). || T. agr. Ramicello della vite che si pianta per poi trapiantarlo: barbatella. || Quel ramo che si piega e corica sotterra senza tagliarlo dal tronco per propagginare: propàggine. || Per arbuddaturi V. || Caduta, capitombolo: tombolo. || Caduta nell’acqua: tonfo, tuffo. || calari tummareddi o tummaredda: propaginare, dicesi delle viti o d’altro albero. || In pl. T. tess. quei pezzetti di legno trasversali a cui è attaccato il liccio per sospenderlo ad una canna posta