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TERZO. | 163 |
debbiano essere gli offitii del vero amico, verso l’amico suo, quanta constanza in amarlo, non meno nelle adversità, che nelle prosperità, quanta prontezza in procurare ogni suo bene, come i piaceri e i dispiaceri siano communi, quanta debbia essere la communicatione delle cose proprie, come sia cosa gioconda lo spesso ritrovarsi insieme, quanta dimestichezza, et sicurtà convenga essere tra cari amici nel conferire le cose pertinenti à lo stato loro, quanta fede, quanta sincerità si richieda ne i consigli, di questi dico, et di mille altri giovevoli, et buoni effetti, che nascono da vera virtù, et da perfetto amore, non devo parlare più lungamente, perche la carità christiana ne instruirà à bastanza il nostro virtuoso figliuolo. Et se il Salvatore ci ha commandato che amiamo ogni prossimo come noi medesimi, che dovremo dir dello amico? di cui anchora i Filosofi hanno detto, che l’amico è un’altro me stesso, oltra che il buon padre di famiglia non solo con i ricordi, ma con l’esempio proprio, mostrarà in fatti al figliuolo come si fanno, et con quali offitii si conservano, et di quanto fruttto sono, et quanta suavità ci apportano in ogni tempo, le vere et christiane amicitie.
Del fuggir la vita otiosa, et scioperata. Cap. LX.
Hora ritornando là onde ci siamo partiti, la nostra materia era parlar de i pericoli della giovanezza, sotto il qual nome comprendo quella che i Latini chiamano adolescenza. et acciò la fabrica della buona education christiana, tirata con la divina gratia molto avanti, non ruini queste età giovanili, anzi cresca di bene in meglio, sino alla sua perfettione, si è ricordato la continuazione de i buoni esercitii christiani, il mantenimento et perseveranza cosi della autorità, come della vigilanza paterna, il fuggire il dannosissimo commertio, et la contagione de i mali compagni, et per contrario si è mostrato il camino, di haver delle buone conversationi et amicitie, acciò il nostro guiovanetto non resti privo di quel piacere, che per natura si desidera dall’huomo et che usato prudentemente può arrecare non mediocre utilità. Hora continuando tuttavia à removere gli impedimenti, che attraversano il corso delle virtù, dico che uno de i maggiori inimici de i giovani, è l’otio, di che si parlò qualche cosa in altra parte, discorrendo de i rimedii contra il vitio della lussuria, et un’altra volta parlando della cura famigliare, ma in questo luogo di necessità si torna à detestare l’otio, più in generale, come esca et fomento di tutti i vitii, et di tutti i mali. Dice la scrittura santa che l’otio è il maestro del peccare, et che l’otioso è pieno di desiderii, cioè di appetiti, et