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TERZO. 160

appetito d’esserne lodato, et dal vitio che solo è vituperabile, cercava la lode, et quando realmente non haveva con che agguagliarsi alle dissolutioni loro, fingeva di haver commesso, quello che commesso non haveva, riputando essere stimato tanto più abietto, et vile quanto più fosse innocente, et casto. Narra anchora che guidato da i medesimi compagni, si condusse di notte tempo in un giardino, à rubbare de i frutti, non per altro, che per licenza giovanile di far del male, abondando essi di frutti, et migliori che quelli non erano, et va il benedetto santo con lunga et sottile inquisitione investigando, qual cagione lo havesse indotto à commetter quel furto, et dopo tanti anni essendo già vecchio, esclama per maraviglia; Misero me, qual cosa fù quella che io amai in te, ò furto mio, ò misfatto mio notturno, dell’anno sestodecimo della mia età? et finalmente conclude non havervi havuto altro diletto, che il consortio de’ suoi compagni, et complici nello istesso peccato, affermando più volte quel tanto humile confitente, et replicando avanti à Dio stesso, ch’egli solo non havria commesso quel furto. Ecco come ben si vede quanto perniciosa cosa siano le male compagnie, et come leggiermente si attacchi la scabbia del peccato, et quanto sia vero il detto della scrittura, che di sopra in simil proposito fu allegato; Qui tetigerit picem inquinabitur ab ea. Et soggiunge; Et qui communicaverit superbo, induet superbiam. Volendo dire, che come la pece s’attacca facilmente, et imbratta chi la tocca; cosi il peccato s’attacca all’anima per la communicatione, et per il commercio de gli huomini peccatori. Adunque grandissima cura, et vigilanza deve havere il nostro padre di famiglia, che compagnie sospette, et pericolose non si ristringano co’l figliuolo. Et di quanta importanza sia questo punto nella buona educatione, ce lo diede assai manifestamente ad intendere il Savio ne i suoi Proverbii, libro raccolto in gran parte per ammaestramento de i giovani, dove parlando con esso loro, come padre co’l figliuolo, il primo precetto, et ricordo che egli dia nel primo. è questo de i compagni, dicendo: Figliuol mio, se huomini peccatori, et di mala vita ti lusingaranno non acconsentire d’esser nel numero loro. Et per mostrare, che non è sceleratezza alcuna, nella quale finalmente il misero giovane non trabocchi, se una volta si lascia desviare da i mali consiglieri; percioche, come più volte s’è detto, dalle cose piccole si perviene alle massime, et gravissime, introduce che huomini scelerati, rubbatori, et assassini di strade, tentino di persuadere al misero giovane, che si accompagni con esso loro nelle rapine, et misfatti sopradetti, proponendogli con varie ragioni il guadagno facile, et grande, et che se lo partiranno