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TERZO. | 130 |
quelle dell’anima, anzi sia egli come uno instrumento agile, et espedito, et ben concertato, con ilquale l’anima possa operare prontamente, et senza impedimento.
De gli incommodi del soverchio mangiare, et bere. Cap. X.
Hor non ha dubbio alcuno che il cibo soverchio, et la crapula, et la ebrietà, et le indigestioni impediscono grandemente la buona dispositione del corpo, et per conseguenza dell’anima nelle loro operationi, percioche un’huomo che ha il ventre disteso et ripieno d’immoderato cibo, è inetto, et grave ad ogni cosa, non ama la fatica, anzi per contrario cerca la quiete, et non fa altro più volentieri che darsi in preda al sonno, et non bastano le lunghe notti, che vi si aggiunge buona parte del giorno, et se il corpo è grave , et pesante non può l’anima esser leggiera, ma resta anchor ella come suffocata in una nebbia di grossi, et spessi vapori che si lievano da lo stomaco, et gli tolgono l’uso del discorrere. Che diremo poi delle molte, et varie infirmità che sono cagionate dalla intemperanza del mangiare, et del bere? quindi avviene spesse volte che un cittadino che poteva, et doveva essere utile alla patria, et alla casa sua, si pone à sedere in una infelice seggiola, ò à giacere in un letto, nella più bella stagione della vita, grave à gli altri, et a se medesimo; quindi sono le vecchiezze immature, et le morti accelerate, et massime quando come per ordinario avviene, alla intemperanza della gola, si aggionge quella della carnalità, misera compagna, percioche secondo quella vera sentenza di san Hieronimo, il ventre satollo despuma libidine, si come altrove si è detto, per occasione di trattar de i rimedii contra il vitio della lussuria. Ma qui si parla di necessità del moderato mangiare, come mezzo necessario per mantener la vita, et per conseguenza acciò si possa operare virtuosamente da ciascuno nello stato, et vocatione allaquale Iddio lo chiama. Et per contrario siamo astretti à biasimare il troppo mangiare, et bere, perche impediscono le operationi civili, et virtuose, et proprie dell’huomo, accortano la istessa vita, et finalmente conducono l’anima in mille vitii. Forse parerà ad alcuni un paradosso quello che io intendo dire hora, ma si vede per antiche esperienze, et per nove, che pur troppo è vero, che gli huomini intemperanti, dediti alla gola, alla ebrietà, et alla incontinenza, peccati de i quali communemente non si fa grande stima, hanno una gran dispositione et facilità, non solo di commetter delitti più gravi, ma quello ch’è il sommo de i mali in questa