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LIBRO |
Del non ascoltar volentieri le detrattioni. Cap. CXXIII.
Ma non deve bastar al nostro buon padre di famiglia, che il suo figliuolo non riesca un mormoratore, nè un maldicente, ma lo deve insieme persuadere, à non prestar gli orecchi à questa sorte di huomini, et à non communicare in alcun modo al peccato loro. Di questa materia si è ragionato più di sopra, quando si trattava della soverchia sospitione, nel qual luogo se ne parlò per cagione solo di quelle mormorationi, et riporti, che toccassero ad alcun particulare interesse del nostro bene allevato figliuolo, allequali si ammoniva ch’egli non credesse di leggiero, per non insospettire vanamente, onde egli precipitasse nella ira, et in altre pessime conseguenze, ma hora più universalmente parlando, diciamo che deve abhorrire ogni maniera di mormoratione, et detrattione etiandio di persone, et di cose che à lui punto non appertengono, et non s’inganni il nostro giovanetto, ma sappia che non è minor peccato l’udir volentieri le detrattioni, et maledicenze, che l’istesso detrahere, et pochi detrattori si trovariano se non fosse chi volentieri ascoltandoli, fomentasse la malvagità loro. Per tanto il Christiano temente Iddio, et che da i primi anni sarà stato educato nella osservanza della divina legge, et che si ricorda dell’obligo che tutti habbiamo, di amare il prossimo nostro come noi medesimi, giunto che sarà all’età più matura, onde possa con qualche autorità maggiore rimediare à questa peste che va tanto attorno, se per caso si trovarà in luogo dove si laceri la fama altrui, quando altro far non possa, mostri almeno al viso, et a i sembianti che quel ragionamento non gli piaccia, et questo è quello che dice il Savio ne i proverbii:
Ventus aquilo dissipat pluvias, et facies tristis linguam detrahentem, cioè, Il vento di tramontana dissipa le nuvole, et il viso malinconico, per ilquale altrui dimostra non odir volentieri, dissipa la lingua del detrattore, et scaccia le maledicenze. Tal’hora anchora con destri modi, ò divertisca il ragionamento, ò getti qualche paroletta di correttione, accennando che tutti habbiamo il nostro fascio, et come la scrittura dice; In molte cose tutti erriamo, onde non debbiamo esser tanto severi censori de i difetti altrui, considerando i nostri proprii. In somma cerchi il nostro ben educato giovane, escusar per quanto può la commune fragilità, et non aguzzi, ma rintuzzi discretamente le lingue pungenti, et si sviluppi da simili ragionamenti, che non apportano utilità alcuna; et all’incontro per giovamento di se medesimo, et de i suoi prossimi si ricordi di quella mirabile sentenza della scrittura, et habbiala sempre