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SECONDO. 81

altro, ma non è cosi, anzi ciascuno è virtuoso per le operationi proprie, fatte deliberatamente per amor dell’honesto et per Dio, et cosi per contrario. Et certo saria cosa non solo dura, ma ridicola, che dopo haver alcun vivuto virtuosamente trenta et quaranta anni, il misfatto d’un altro gli togliesse l’honore; sino a i filosofi hanno inteso che meglio è patire che fare ingiuria, perche nel far l’ingiuria è l’ingiustitia, et con l’ingiustitia il peccato, et co’l peccato il dishonore, ne ci è cosa più vile, ne più dishonorata che il peccato. I medesimi filosofi co’l solo lume della ragione hanno inteso, ch’è cosa di animo generoso il disprezzare le ingiurie, et l’hanno attribuita per proprietà del magnanimo, et hanno anchora detto che niuna è maggior vittoria, che vincer la passione dell’ira et superar se medesimo; anzi et la ragione et la esperienza dimostra che le vili feminelle, et gli animi più timidi sono più vendicativi. Persuada adunque il buon padre il nobile et generoso giovanetto a operar virtuosamente, et se alcuno per invidia ò malevolenza detraherà alla fama sua, ridasene, percioche le opere istesse rispondono, et convincono colui come bugiardo et maligno, ma se per caso quello che gli viene opposto fosse vero non haverà ragione di adirarsi contra di lui, ma contra il suo medesimo peccato, et saviamente convertirà la meledicenza dell’avversario, in amichevole avvertimento; et questa è una delle utilità che si cava da gli inimici, si come alcuni scrittori gentili hanno dimostrato, che tal volta più giova uno inimico che un’amico, percioche per la sua mala voluntà ha l’occhio aguzzo, et penetra et scuopre i nostri difetti, et ci da occasione di emendarcene. Ricordi anchora il padre al figliuolo che segno di animo nobile è non per le piccole ingiurie render le grandi, ma per contrario per i piccoli servitii render larga mercede, et delle ingiurie scordarsene, et burlarsene, si come si legge che un Rè antico non christiano, ridendosi di alcuni che dicevano mal di lui, era solito dire; E cosa da Rè dopo haver fatto bene, udir male, ma senza dubbio è cosa da perfetto christiano far bene, et patir male in questa vita. Aggiunga il padre dicendo, che grave ingiuria si fa alla patria, quando altrui vuole esser giudice egli stesso delle ingiurie ricevute, et in disprezzo delle leggi, et dell’autorità publica, prende in mano la bacchetta et la potestà di castigare i rei, sopra de i quali non ha giurisditione alcuna, con grandissima perturbatione di tutto il governo, oltra che niuno è giusto giudice della propria causa, percioche l’affetto, et la passione non lasciano estimar rettamente l’offesa, ma sempre par maggiore, onde si vede per esperienza, l’eccesso grande d’un cuor appassionato d’ira, et sdegno, che per una paroletta, per una guardatura torta, per cosarelle d’aria, vuole il sangue, et la morte non d’un