te Colli; quei però, che a Voi si presentano in Siracusa, si rendon più venerandi, perchè esistean nel tempo, in cui Roma non era Roma. Sì, Roma stessa vantar si può, d’essere stato il suo Campidoglio ornato, arricchito, ingrandito dalle copiose, altrove mai vedute, ricchissime spoglie di Siracusa, ivi dal Consolo Marcello, e poi in maggior numero dal Pretor Cajo Verre, rapace involatore, trasportate. Le pitture, le statue, i marmi, i bronzi, l’egregie manifatture de’ più periti artefici svegliarono, al dir di Tullio, e di Plutarco, il buon gusto nelle arti, e nelle scienze, tanto che Fabio Massimo temette allora, che alla vista di tanti capi d’opera introdotto si fosse, come seguì, il germe della corruzione nella frugalità romana; onde Siracusa venne per tal cagion decantata e grande, quando fu vincitrice, e massima anche vinta. Plinio fu quello, il quale ci lasciò scritto su tal proposito, che il rinomato tempio di Veste in Roma co’ rilievi, soliti collocarli sopra le fabbriche sacre, eran di quelle manifatture di Siracusa, come ancora i capitelli del Panteon, o sia della Rotonda. In Siracusa eranvi artefici, tanto famosi pe’ lavori di bronzo, che dalla maravigliosa manifattura furon detti Siracusani, come decantavasi il lavor Corintio, Delicco e Ginetico. Le rare suppellettili di quei Siracu-