di questo cosí grande tesoro. — E ripetendo queste parole piú volte, rispose frate Masseo: — Padre carissimo, come si puote chiamare tesoro, dov’è tanta povertà e mancamento di quelle cose che bisognano? Qui non à tovaglia, né coltello, né tagliere, né scodella, né casa, né mensa, né fante, né fancella. Disse allora sancto Francesco: — E questo è quello che io reputo grande tesoro, ove non è cosa niuna apparecchiata per industria umana; ma ciò che ci è, si è apparecchiato dalla Providenza divina, siccome si vede manifestamente nello pane accattato, nella mensa di pietra cosí bella e nella fonte cosí chiara; e però io voglio, che noi preghiamo Iddio che lo tesoro della santa povertà cosí nobile, il quale à per servidore Iddio, ci faccia amare con tutto il cuore. — E dette queste parole e fatta orazione e presa la refezione corporale di quelli pezzi dello pane e di quella acqua, si levarono per camminare in Francia; e giugnendo a una chiesa, disse sancto Francesco allo compagno: — Entriamo in questa chiesa ad adorare. — Et vassene sancto Francesco dietro allo altare, e ponsi in orazione, et in quella orazione ricevette dalla divina visitazione sí eccessivo favore, il quale infiammò sí fattamente l’anima sua ad amore della santa povertà, che tra per lo colore della faccia e per lo nuovo isbadigliare della bocca, parea ch’elli gittasse fiamma d’amore. Et venendo come affocato allo compagno, sí gli disse: Ah, ah, ah! frate Masseo, dammi te mede-