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venire, immaginossi di fare venire la loro divozione in favola et in truffa. Era ivi due fanciulli, che facevano all’altalena, cioè avevano attraversato uno legno sopra un altro legno, e ciascheduno stava dal suo capo, e andavano in su et in gitú. Va frate Ginepro, e rimuove uno di questi fanciulli dal legno e montavi suso e comincia ad altalenare. Intanto giugne la gente, e maravigliavansi dell’altalenare di frate Ginepro: nondimeno con grande divozione lo salutarono; e aspettavano che fornisse il giuoco dell’altalena, per accompagnarlo poi onorevolmente insino al convento. E frate Ginepro di loro salutazione, riverenza, o aspettazione poco si curava, ma molto sollicitava l’altalena. E cosí aspettando per grande spazio, alquanti cominciarono a tediare e dire: — Che pecorone è costui? — Alquanti, conoscendo delle sue condizioni, crebbero in maggiore divozione; nondimeno tutti si partirono, e lasciarono frate Ginepro in sull’altalena. Et essendo tutti partiti, frate Ginepro rimase tutto consolato, perocché vide alquanti che avaeno fatto beffe di lui. Muovesi, et entra in Roma con ogni mansuetudine e umilitade, e pervenne al convento dei frati minori.