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fitto si parte, non tanto da me, ma da tutta la contrada. — Risponde frate Egidio, e dice: — Frate Ginepro, io tengo teco, perocché ’l nemico della carne non si può combattere piúche fuggire; perocché dentro il traditore appetito carnale, di fuori per li sensi del corpo, tanto e sí forte inimico si fa sentire, che non fuggendo non si puote vincere. — E però chi altrimenti vuole combattere, la fatica della battaglia rade volte ha vittoria. Fuggi adunque il vizio, e sarai vittorioso. A laude di Jesti Cristo e del poverello Francesco. Amen.
Cap. VIII.
na volta frate Ginepro, volendosi bene vilificare, si spogliò tutto ignudo, e puosesi li panni in capo, fatto quasi un fardello dell’abito suo, e entrò cosí ignudo in Viterbo, e vassene in sulla piazza publica per sua dirisione. Essendo costui ivi ignudo, li fanciulli e li giovani, riputandolo fuori del senno, gli feciono molta villania, gittandogli molto fango addosso, e percuotendolo colle pietre, sospingendolo di qua e di là, con parole di dirisione molto; e cosí afflitto e schernito, istette